Per proteggere il clima non servono rinunce
Non crede tanto nelle tasse d’incentivazione, quanto piuttosto nel progresso tecnologico: nell’intervista Anthony Patt, professore all’ETH di Zurigo, ci spiega perché solo con la transizione energetica sarà possibile fermare i cambiamenti climatici e ci illustra l’importanza delle auto elettriche in questa svolta.
Testo Reto Neyerlin Foto Dominique Zahnd
Signor Patt, sino a oggi come strumento per arrestare il cambiamento climatico si è sempre parlato di rinunce e più incentivi...
... E io invece dico che non servono né le une né gli altri.
Così però è una voce fuori dal coro.
Dieci anni fa credevamo di poter arrestare o, perlomeno, rallentare i cambiamenti climatici riducendo le emissioni di CO₂. Si è quindi consigliato alla popolazione di evitare di prendere l’auto, di consumare meno carne e di limitare i viaggi in aereo. Una strategia di rinuncia che, in una certa misura, è possibile stimolare anche attraverso gli incentivi. Ma ora abbiamo capito che non basta ridurre le emissioni: dobbiamo azzerarle. Ciò significa che dobbiamo smettere di consumare energia fossile , il che rende necessario ristrutturare l’intero sistema energetico.
Per alimentare un’auto elettrica media per un anno è necessaria l’energia prodotta da dieci metri quadri di pannelli solari, un’area grande all’incirca quanto un parcheggio.Anthony PattProfessore all’ETH
Cosa vuol dire tutto ciò per la mobilità?
Non servono auto più piccole, ma auto diverse. In altre parole, servono auto elettriche. E, a tale riguardo, dobbiamo anche riconvertire in toto la produzione di elettricità puntando completamente sulle rinnovabili. Le auto elettriche, infatti, sono sostenibili solo se vengono prodotte e ricaricate con energia verde. E, dal momento che tutto ciò necessita di una nuova infrastruttura, gli sforzi richiesti all’inizio sono davvero enormi. È per questo che dico sempre che la tutela dell’ambiente non è altro che un gigantesco progetto edile (ride). Ma se adeguiamo con coerenza l’intero sistema non saranno necessari sacrifici e rinunce.
Ma siamo in grado di produrre una quantità sufficiente di energia rinnovabile per supportare un passaggio repentino di tutta la popolazione alle auto elettriche?
In Svizzera, per alimentare per un anno un’auto elettrica media è necessaria l’energia prodotta da dieci metri quadri di pannelli solari, un’area grande all’incirca quanto un parcheggio. Vero è che tale quantità di energia elettrica è disponibile solo di giorno e prevalentemente in estate e pertanto sono necessarie nuove soluzioni. Per garantire la stabilità della nostra rete abbiamo comunque bisogno di un mix di energia idroelettrica, solare ed eolica. Quel che è certo è che dobbiamo potenziare le energie rinnovabili il più rapidamente possibile. Per riuscire a smettere di consumare energia fossile entro vent’anni, sarà necessario, ad esempio, quadruplicare gli investimenti annui nel fotovoltaico.
Dunque, in futuro, tutti coloro che ristruttureranno la propria casa dovranno installare pannelli solari sul tetto?
Sarebbe sicuramente un’ottima soluzione. Ma se vogliamo ottenere grosse quantità di energia solare a basso costo, gli impianti isolati sono più adatti. I parchi solari implicano economie di scala che rendono più conveniente l’intero progetto. Inoltre, gli impianti isolati si adattano perfettamente al contesto. E in montagna, dove al momento sono previsti alcuni grandi progetti, il fotovoltaico è una risorsa piuttosto efficiente nei mesi invernali.
Uno dei problemi della transizione energetica è la difficoltà di immagazzinare l’elettricità rinnovabile. Ora stanno facendo la loro comparsa le prime auto elettriche con ricarica bidirezionale, ossia in grado di restituire la sera l’energia solare immagazzinata durante il giorno. È questa la soluzione di cui abbiamo bisogno?
Come mostrano le nostre simulazioni computerizzate, le auto elettriche sono oggettivamente la soluzione ideale in un’ottica di compensazione tra notte e giorno, anche senza ricarica bidirezionale. L’importante è che si possa ricaricare ovunque, quindi non solo a casa, ma anche durante il giorno presso il posto di lavoro. Così l’intero sistema funziona senza batterie supplementari. Le auto infatti sono utenze di consumo elettrico così grandi da poter mantenere stabile l’intera rete semplicemente ricaricandole in momenti flessibili. Se poi vi si aggiunge anche il sistema di ricarica bidirezionale, il tutto diventa ancora più semplice.
Nel frattempo, la mobilità elettrica è riuscita finalmente a imporsi?
Sì. Addirittura, al momento, la domanda supera l’offerta. In quest’ottica, è un peccato che i produttori non abbiano provveduto prima a garantire una capacità sufficiente per produrre auto elettriche al posto di quelle a benzina. Ma è anche comprensibile, dal momento che il mercato è stato per lungo tempo molto incerto. Era difficile che qualcuno potesse prevedere una crescita così rapida nella domanda di auto elettriche.
Lei stesso, nel suo libro «Transforming Energy», che ha pubblicato nel 2014, stimava che guidare auto elettriche sarebbe potuto diventare conveniente entro il 2019.
Ci sono andato vicino (ride). Oggi i costi della guida elettrica sono effettivamente inferiori rispetto a quelli delle auto con motore a combustione. Al momento il prezzo d’acquisto delle vetture di categoria inferiore risulta ancora più elevato, ma la questione cambia già per le categorie superiori. E se si sommano i costi totali, tutte le auto elettriche sono più convenienti. Questa convenienza è evidente soprattutto quando si acquista un’auto in leasing e si sommano tutti i costi mensili, anche quelli legati all’energia e alla manutenzione.
Gran parte delle persone prende in considerazione l’acquisto di un’auto elettrica nel momento in cui ha la possibilità di ricaricarla a casa.Anthony PattProfessore all’ETH
Diversamente da altri Paesi, come la Germania, la Svizzera non offre incentivi sostanziosi per le auto elettriche. È sbagliato?
In Svizzera non servono incentivi, ma piuttosto soluzioni infrastrutturali per locatari e proprietari di condomini: come abbiamo ormai compreso, infatti, gran parte delle persone prende in considerazione l’acquisto di un’auto elettrica nel momento in cui ha la possibilità di ricaricarla a casa. Chi abita in città e parcheggia l’auto in strada al momento non dispone di alcuna possibilità di ricarica. E anche per gran parte delle case plurifamiliari con garage sotterraneo non è affatto chiaro se i locatari abbiano o meno il diritto di installare una stazione di ricarica.
È un aspetto che andrebbe regolamentato a livello giuridico?
Non necessariamente, ma una legge potrebbe ridurre anche di cinque anni i tempi richiesti e cinque anni sono importanti per il clima. Abbiamo condotto un sondaggio al riguardo tra i proprietari di immobili. Il verdetto: la maggior parte di loro è in attesa. Vuole essere sicura che un numero sufficiente di locatari voglia guidare auto elettriche, così che valga la pena adattare di conseguenza le installazioni elettriche.
Lo sviluppo dell’infrastruttura di ricarica in città è sostenibile dal punto di vista finanziario?
Al riguardo abbiamo preso in esame la città di Zurigo per valutare cosa risulti più dispendioso per la popolazione: i costi sanitari dovuti all’inquinamento ambientale causato dai motori a combustione o l’installazione capillare di stazioni di ricarica pubbliche? I risultati mostrano che di fatto le conseguenze dell’inquinamento atmosferico costano di più di tutte le stazioni di ricarica necessarie affinché ogni cittadino possa passare all’elettrico.
Gli scettici sostengono che le auto elettriche non abbiano affatto un bilancio più ecologico se si considera anche la produzione, comprese le batterie.
È importante tenere debito conto di tutti gli aspetti e conseguenze ambientali a livello locale. È senz’altro vero che la produzione delle batterie richiede ingenti quantità di energia elettrica e che se a tal fine viene impiegata energia fossile il bilancio energetico ne risulta compromesso. Ma è una situazione che non si verifica quasi più; soprattutto in Europa la transizione verso le energie rinnovabili avanza a pieno ritmo. Inoltre, per i motori a combustione occorre includere nel calcolo anche l’approvvigionamento del carburante e l’inquinamento provocato dai gas di scarico. Nel computo generale, quindi, le auto elettriche si posizionano molto meglio.
Le conseguenze dell’inquinamento atmosferico costano di più di tutte le stazioni di ricarica necessarie affinché ogni cittadino possa passare all’elettrico.Anthony PattProfessore all’ETH
Si porta spesso l’esempio dell’idrogeno come propulsione alternativa, anche per le autovetture.
L’idrogeno è relativamente inutile per le auto. Una conversione sufficientemente rapida dell’approvvigionamento energetico alle fonti rinnovabili rappresenta una sfida impegnativa. Una ragione in più per sfruttare questa corrente verde nel modo più efficiente possibile. Nel caso della propulsione a idrogeno, si otterrebbe l’effetto contrario: un grado di rendimento troppo basso e, di conseguenza, perdite troppo alte a livello energetico. Per percorrere la stessa distanza, un’auto a idrogeno avrebbe bisogno di più del doppio di energia rispetto a un’auto elettrica! E non è tutto: per poter viaggiare a idrogeno ci vorrebbe fin da subito una rete di distributori completamente nuova. Un aspetto che, oltre ai costi elevati, implicherebbe anche un ritardo di almeno dieci anni che, a sua volta, rallenterebbe l’intera conversione del sistema.
AMAG, in collaborazione con l’EMPA, sta esaminando la possibilità di alimentare, in futuro, le auto d’epoca con carburanti sintetici.
Un’opportunità che potrebbe avere senso per settori di nicchia, come quello delle auto d’epoca, ma i carburanti sintetici sono importanti soprattutto per il traffico aereo perché rappresentano una soluzione per volare a zero emissioni di CO2. Eventualmente, i carburanti sintetici potrebbero essere presi in considerazione per il trasporto marittimo e per alcuni settori industriali, ovvero ovunque non sia possibile ricorrere alle batterie.
E lei come viaggia?
I 20 chilometri che mi separano dalla sede di lavoro li percorro in bici, così mi mantengo in forma. Dal 2015 uso anche un’auto elettrica, anzi oggi ne abbiamo addirittura due in famiglia. Oltre alla sostenibilità, l’aspetto che più mi entusiasma è che le auto elettriche sono infinitamente più comode di quelle tradizionali. Non devo più recarmi alla stazione di rifornimento, mi basta arrivare a casa e collegare la spina. E ora che le auto elettriche raggiungono autonomie di 400 chilometri e che esistono possibilità di ricarica rapida, anche quelle poche volte all’anno che affronto viaggi più lunghi non ho problemi.
La soluzione non è aumentare il prezzo di benzina e diesel, ma rendere la mobilità elettrica più conveniente e facilmente accessibile.Anthony PattProfessore all’ETH
Dopo il respingimento, l’anno scorso, della legge sul CO2, la Consigliera federale Simonetta Sommaruga le ha chiesto un consiglio su come procedere. E, a quanto pare, la Ministra dell’energia e dei trasporti ne ha tenuto conto: non sono più previste nuove tasse d’incentivazione.
Credo che si sia resa conto che le tasse d’incentivazione sono difficili da attuare a livello politico e voleva la mia opinione sull’eventuale possibilità di convertire il sistema anche senza la loro introduzione. In effetti, è possibile. La soluzione non è aumentare il prezzo di benzina e diesel, ma rendere la mobilità elettrica (che sia con auto elettriche, biciclette elettriche o mezzi pubblici) più conveniente e facilmente accessibile. Porterebbe risultati maggiori rispetto alle tasse d’incentivazione.
Lei è membro del Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici ed è uno dei principali autori dei report sull’emergenza climatica. Nell’ultima versione, presentata in primavera, intravede per la prima volta alcune tendenze positive. Cosa è successo?
Dall’ultimo report del 2014 abbiamo conseguito incredibili progressi tecnologici. Mobilità elettrica, energia solare ed energia eolica: tutti fattori che negli ultimi anni sono diventati soluzioni competitive. Per la prima volta tutelare l’ambiente non è più sinonimo di prezzi più elevati per l’energia. Di conseguenza possiamo constatare che pressoché tutti i Paesi intendono ridurre le proprie emissioni, e in alcune nazioni questo è già una realtà. Si tratta di un traguardo che non avevamo previsto dieci anni fa.
Anche nell’industria si stanno compiendo sforzi notevoli.
Sì, soprattutto nel settore automobilistico. I più grandi produttori a livello mondiale, tra cui anche Volkswagen, sono quelli che al momento stanno promuovendo maggiormente la mobilità elettrica. È un aspetto molto positivo.
Abbiamo dunque raggiunto il picco delle emissioni di CO2?
In alcuni Paesi, soprattutto quelli ricchi, lo abbiamo addirittura superato. Al momento, stiamo assistendo a una crescita delle emissioni principalmente in Asia, ma anche lì sta rallentando. Potremmo persino aver già superato il picco globale. Anche se per azzerare le emissioni di CO2 entro il 2050 ci aspetta ancora moltissimo lavoro, perlomeno sembra che ora ci stiamo muovendo nella direzione giusta.
Profilo
Anthony Patt (57) è professore di politiche climatiche presso l’Institute for Environmental Decisions dell’ETH di Zurigo. Lo statunitense ha conseguito un dottorato in diritto civile e un dottorato in public policy all’Università di Harvard ed è uno dei principali autori delle relazioni sullo stato di avanzamento dei lavori del Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici. Patt vive con la sua famiglia nell’Oberland zurighese.